Omicidi seriali: ecco perché ogni killer é irripetibile

Omicidi seriali: ecco perché ogni killer é irripetibile

“Voi avete visto quello che io volevo farvi vedere; avete sentito quello che io volevo farvi sentire; e avete letto quello che volevo io. Ho usato tutto per conquistare la mia pace interiore” Henry Lee Lucas, serial killer americano autoaccusatosi di 360 omicidi dei quali ne sono stati accertati solo 11.

La combinazione di forze in base alle quali i predatori di umani agiscono, va ricercata nella sfera psicogena, sociogena e biogena, nonché nelle esperienze alle quali i serial killer sono stati esposti. Tutti questi fattori contribuiscono allo sviluppo dei tratti caratteriali e della personalità dell’individuo.

La tipologia criminologica dell’omicida seriale non è univoca ed andrebbe innanzi tutto distinta da quella del pluriomicida principalmente per il fatto che la serie omicidiaria del serial killer non può essere interrotta, mentre quella del multiple killer sì.  In quest’ultimo caso si tratta, infatti, di killer professionisti a pagamento, di affiliati ad organizzazioni criminali, di killer utilitaristici o situazionali o ancora a motivazione ideologica.

Differisce dal Serial Killer anche il mass murderer che uccide almeno quattro vittime in uno stesso evento, di solito sparando ad un gran numero di persone identificate come simboli da colpire esempio eclatante è Adam Lanza, autore della strage nella scuola elementare del Connecticut.

Ulteriore tipologia è anche quella dello spree killer: più vittime in luoghi diversi in un lasso di tempo breve ma con un’unica causa scatenante.

Da trattare diversamente sono poi gli omicidi affettivi (emotivi o passionali), spesso altrettanto mostruosi ma che, verificandosi tra persone legate da una relazione personale, si scatenano per motivazioni intrapsichiche distinte.

L’omicidio seriale richiede pertanto un approccio di studio completamente autonomo, soprattutto dal punto di vista investigativo, perché l’autore è un assassino che tramite l’azione omicidiaria ricompone temporaneamente il suo mondo e la sua realtà interna frammentata in un momento in cui quel suo mondo non regge.

L’attività di ricerca in questo ambito è relativamente nuova, basti pensare che il termine “omicidio seriale” è stato coniato soltanto verso la metà degli anni ’70 dal dottor Donald Lunde in un’opera a carattere generale sull’omicidio.

Fino a poco tempo fa era diffusa l’errata convinzione che gli assassini seriali fossero una caratteristica esclusiva del mondo anglosassone, quando invece, nonostante le difficoltà dovute alle ricerche nel campo investigativo e giudiziario, i serial killer che hanno agito in Italia dal 1950 ad oggi sono oltre 40 e le vittime circa 200. A questo numero potrebbe essere aggiunto quello dei serial killer potenziali che, pur presentando tutte le caratteristiche psicodinamiche e biografiche dei serial killer ed avendo messo in atto comportamenti tipici, non hanno ancora compiuto alcun omicidio oppure ne hanno compiuto uno soltanto.

Al di là delle innumerevoli classificazioni in base al comportamento organizzato e disorganizzato ed al movente, che vede i seriali suddivisi in linea generale nella tipologia dell’ Allucinato, del Missionario, dell’Edonista del Power Control, ogni serial killer è diverso dall’altro.

Gli elementi centrali sono: la ripetitività dell’omicidio, il rapporto esclusivo con la vittima (tranne alcuni casi rari in cui agiscono in coppia) e motivazione ad uccidere.

Essa  il più delle volte proviene dall’interno della personalità egosintonica e risponde ad una pulsione profonda, con aspettative e gratificazione tratte non solo dall’omicidio, ma spesso anche dal piacere della pianificazione, che aumenta con  l’evoluzione ed il perfezionamento della dinamica criminale stessa.

Sia le vittime che gli autori possono appartenere a qualsiasi classe sociale, la mobilità geografica può essere quasi nulla nel caso dello stanziale oppure significativa nel caso del seriale mobile, mentre la connessione diretta tra l’omicidio ed il fattore motivante che esige l’atto predatorio può essere varia.

Ad esempio l’allucinato Kallingher uccideva perché costretto da una testa che fluttuava per aria nella sua stanza, il missionario Pardo uccideva gruppi di persone secondo lui indesiderabili e da eliminare dalla società, come tossicodipendenti e spacciatori.

L’edonista Zimbardo aveva adibito una parte del proprio garage all’esecuzione degli omicidi di donne utilizzate per “esperimenti”con scariche elettriche per poi fotografarle, mentre il Power Control David Clark uccideva prostitute dopo aver conversato, semplicemente perché prede facili da far entrare in macchina.

L’investigazione in un caso di omicidio seriale inizia dunque soltanto quando gli investigatori riescono a collegare gli omicidi ed a costruire un profilo basandosi sulla corretta interpretazione  della scena del delitto, perché ogni azione ha per il serial killer un significato ben più importante e più concreto  di quello che risulta a prima vista ed è compito del profiler trovarlo.

Per questa ragione la reale estensione dell’omicidio seriale è ignota, perché ogni persona è irripetibile in base ai fattori biologici, psicologici, ambientali, culturali e sociali.

É difficile stabilire una connessione con il seriale e comprendere comportamenti tanto complessi ed inquietanti che sorgono da situazioni psicologiche, psicopatologiche e socioambientali altrettanto complesse

Le ragioni che stanno alla base di tale fenomeno non si possono capire a fondo se non si entra in una relazione empatica con il seriale, non si studia il singolo soggetto cercando di connettersi con il modo in cui la persona ha vissuto ed ha elaborato gli ambienti di origine e come questi sono stati tradotti poi nei suoi comportamenti.

Perché pur se nella realtà dei fatti e nella percezione comune questi soggetti appaiono mostri, da un punto di vista clinico vanno considerati nella loro frammentata e scissa realtà interna scevra da giudizi morali.

Non solo, se non si osserva nell’ottica che non sono tanto “mostri” coloro i quali agiscono, ma sono piuttosto mostruosi i contesti in cui tali fenomeni si sviluppano, non si comprenderà mai che il serial killer non è altro che lo specchio di quelle realtà in cui il valore delle vite umane è semplicemente inesistente.

Accostandosi in questo modo allo studio dei delitti seriali si potrà comprendere che il delitto non è il male, ma solo uno dei tanti modi di “fare il male” e si capirà il senso di considerazioni di questo genere: Prima di poter concedere alla sua proposta qualsiasi seria considerazione, dovrei essere certo che lei sia davvero chi afferma di essere (…).Tanto per iniziare le suggerirei di inviarmi gli atti del seminario da lei tenuto e qualsiasi articolo che menzioni il suo lavoro e le sue attività in questo campo. Non voglio in alcun modo illuderla. La mia prima idea è stata quella di respingere la sua richiesta. Poi ci ho pensato su ancora un po’ e ho deciso di studiare più da vicino sia lei che i suoi seminari prima di prendere una decisione. In generale, il lavoro che ho visto svolgere dai così detti “esperti” in questo campo si è rivelato ben poca cosa (…).Ritengo che Ann Rule sia uno di quei “surrogati” di esperti, e il fatto che ha preso la parola al suo primo seminario mi preoccupa. Mi rattrista vedere Ann Rule e colleghi dibattersi in stereotipate generalizzazioni, in temi astratti e vecchie fole di matrice psicologica che traggono pericolosamente in inganno l’opinione pubblica e le forze dell’ordine in merito alla vera natura del problema (…). Sono sicuro di aver visto soltanto una piccola parte delle relazioni inerenti al lavoro condotto in questo campo. E sono anche sicuro che vi siano molte persone che sono sulla strada giusta, che svolgono il lavoro con onestà, diligenza e discrezione. Ad esempio so come opera l’Unità di scienze comportamentali  dell’ FBI, e mi sembra che i suoi lavori abbiano assunto un approccio (anche se non certamente l’unico possibile) valido e legittimo allo studio e alla comprensione del problema (…)Semplicemente so distinguere un lavoro valido quando lo vedo, così come sono in grado di capire quando ho davanti a me del semplice pattume (…). Sarei molto interessato a leggere qualsiasi scritto, studio o articolo da lei scritto al riguardo. Del resto, ciò sarebbe essenziale per farmi decidere se voglio o non voglio avere ulteriori contatti con lei.”. Lettera di Ted Bundyserial killer power control attivo in oltre 10 stati americani, autore dell’omicidio di oltre 36 giovanissime donne mutilate, sodomizzate, strangolate ed a volte ritrovate in uno stato tale da non permettere la ricostruire della dinamica omicidiariaindirizzata al Dr.Ronald Holmes, autore di più di 375 profili psicologici in casi di omicidio e violenza sessuale per i Dipartimenti di Polizia degli Stati Uniti.

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